LA MACCHINA DELLO STATO IN MANO A BUROCRAZIE AMMINISTRATIVE E AD ESPERTOCRAZIE FARA’ DANNI
Che il Governo abbia bisogno di riorientare la bussola oramai è un dato di fatto. Se ne rendono conto i più avvertiti dirigenti di una parte della maggioranza. La conferenza stampa ministeriale e il documento monstre, presentato nella conferenza stampa, non ha dato la sensazione di un cambio di passo determinato, inoltre, la stanchezza degli italiani provati da due mesi di restrizioni associate alle angosce della ripresa della normalità sta generando un clima di sfiducia verso l’esecutivo che non è solo rappresentato dall’elettorato dell’opposizione.
E’ Gianni Cuperlo che esplicitamente fa riferimento alla necessità che il Governo, nato in circostanze diverse e per ragioni oramai superate, non possa “limitarsi a sopravvivere” paventando un “ rischio di perdere fiducia e consenso” a cominciare dal proprio elettorato.
C’è un’evidente problema legato non tanto alla tenuta parlamentare del Governo quanto alla sua capacità di riuscita nell’indicare le strade più idonee per uscire dalla crisi peggiore dal dopo-guerra ad oggi.
Pensare di affidare alle Task Force la ricostruzione economica, e alle sole mascherine il compito di reggere una possibile seconda onda d’urto, suscita non poca perplessità e preoccupazione.
D’altronde, è lo stesso Cuperlo che lo sottolinea, la pur buona volontà di partorire provvedimenti a raffica che non hanno trovato ancora la loro realizzazione concreta ha dovuto fare i conti con la “lentocrazia” dello Stato, con la farraginosità delle procedure ma anche con la stessa espressione del neo-potere che ha sostituito la politica rappresentato dalla macchina burocratico-amministrativa dello Stato.
Se sulla vicenda sanitaria il Governo si è messo totalmente nelle mani dell’espertocrazia che ha assunto provvedimenti a fisarmonica aprendo e restringendo, rassicurando e spaventando la popolazione, sul piano amministrativo siamo stati in presenza di gravidanze isteriche di provvedimenti e di una sequela di contenziosi con le Regioni guidate da una poderosa macchina amministrativa-burocratica a sua volta influenzata dalle lobby di interessi corporativi.
Se la Politica è in grado di mediare e trovare una sintesi di interessi diffusi e complessi sul territorio italiano è evidente che il sopravvento preso dalla macchina dello Stato ha orientato le decisioni governative determinando il superamento o la crisi dei processi decisionali democratici.
I Ministeri singolarmente hanno dettato l’agenda della redistribuzione dei 55 miliardi, che formeranno parte di un altro debito che abbiamo contratto, con l’impressione che abbia prevalso una visione “lineare” degli interessi a discapito di una politica organica di rilancio dell’economia che avrebbe comportato delle scelte di indirizzo e di natura politica chiare e destinate ad avere un avvenire certo.
Una politica che, per accontentare tutti, ha finito per scontentare alcuni settori fondamentali del nostro paese che sono a maggiore rischio.
Questo non significa che nel documento-monstre, che è ancora non è stato dato alle stampe e che non ha ricevuto la bollinatura della Ragioneria dello Stato non abbia qua e là delle intuizioni pregevoli, ma che il grande lavoro di cui si è parlato è apparso il frutto di una strategia di contenimento dei rischi e che ha già trovato pochi alleati per il suo sostegno. D’altronde la forza dominante, i cinquestelle, é alle prese con una lotta intestina lacerante fra la creatura tecnica. Il premier, che si è autodeterminato come un outsider politico, destinato a fabbricarsi l’ennesimo partito personale, e il piccolo leaderino spodestato, oggi alla Farnesina insidiato dall’ala “dura e pura” del movimento delle origini, ovvero quello anti-sistema, anti-europeo e populista al cubo, guidato dal redivivo Di Battista.
Altri grandi spazi di manovra non sussistono, una destra ancora dominata dalla leadership di Salvini, il cui partito ha votato contro i provvedimenti economici in Europa, è inservibile, e le forze intermedie non hanno né leader né hanno dato segno di poter svolgere la funzione essenziale per determinare una capacità di guidare la ripresa e del paese che è allo stesso tempo economica e morale.
Perché ciò avvenga è necessaria la ripresa di una dialettica politica che si sostituisca alla pretesa di guidare la nazione con piglio amministrativo e burocratico con qualche lieve accento paternalistico-autoritario che è proprio delle nazioni deboli e senza spina dorsale.
La Politica è mediazione fra interessi ma anche scontro fra interessi diversi, difficile pensare di poter governare credendo di accontentare tutti e lasciando tutti più scontenti. Con l’autunno che avanza non ci possiamo consentire il Governo delle non-scelte.