Una gloriosa e indelebile figura della lotta per la libertà fu certamente il socialista Giacomo Matteotti, assassinato il 10 giugno del 1924 dai sicari del fascismo, rimarrà per sempre un simbolo fondamentale della vita democratica nel dopoguerra.
Un martire coraggioso che ebbe consapevolezza, sin dall’inizio, del rischio che correva denunciando alla Camera dei Deputati le violenze e il malaffare dei gerarchi di Mussolini. Infatti fu profetica la frase celebre passata alla storia: “Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”.
Presagì immediatamente il pericolo che correva ma, cio nonostante, non dismise mai di essere un inflessibile e incorruttibile antagonista del fascismo. Il piano criminoso fu messo in atto da cinque membri della “polizia politica”, che, dopo averlo rapito nella zona del Lungotevere, lo accoltellarono e abbandonarono il cadavere a Riano, una zona di campagna fuori Roma.
Questo omicidio mise in difficoltà enorme il nascente regime fascista per il valore morale e il prestigio politico del deputato Matteotti. Ma a partire da quel momento si radicalizzo’ la lotta politica e le opposizioni dopo la sua uccisione presero, infatti, la decisione delle forze democratiche di abbandonare il Parlamento dando vita “all’Aventino”. Matteotti, appunto, pronunciò, prima di morire, un intervento fiero e accorato in cui denunciò il clima di violenza ed intimidazione che aveva caratterizzato lo svolgimento delle elezioni di qualche mese prima.
Naturalmente è assodata la responsabilità morale di Benito Mussolini nell’uccisione del parlamentare socialista, così come è accertata la responsabilità materiale di uomini vicini al Partito Nazionale fascista, mentre in realtà le ragioni che portarono alla morte di Matteotti non sono state mai chiare sino in fondo.
Il deputato socialista fu, non solo, un’irruducibile avversario del fascismo, ma, sarebbe stato in possesso di documenti, in grado di provare come i vertici del regime fossero coinvolti in un giro di corruzione volto a concedere ad una compagnia americana l’esclusiva sullo sfruttamento del petrolio italiano.
Documenti che Matteotti portò nella borsa quando fu rapito e che non vennero mai più ritrovati. Questi documenti esplosivi sarebbero stati presentati al Parlamento proprio il 10 giugno. Matteotti fu eletto in Parlamento per la prima volta, in rappresentanza della circoscrizione Ferrara-Rovigo, e viene rieletto nel 1921 e nel 1924. Già nel 1921 pubblica un famoso dossier “Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia”, in cui vennero denunciati, per la prima volta, le violenze delle squadre d’azione fasciste durante la campagna elettorale delle elezioni del 1921.
Nel 1922 Matteotti viene espulso dal Partito Socialista Italiano con tutta la corrente riformista legata a Filippo Turati. I fuoriusciti fondarono il nuovo Partito Socialista Unitario, di cui Matteotti diviene segretario.
Poi nel 1924 viene pubblicata a Londra, dove Matteotti si era recato clandestinamente, la traduzione del suo libro “Un anno di dominazione fascista”, col titolo: “The Fascists exposed; a year of Fascist Domination”, in cui riportò in modo dettagliato gli atti di violenza fascista contro gli oppositori.
Per finire ci fu il famoso intervento del 30 maggio del 1924 che Matteotti pronunciò in aula, dove attaccò il governo Mussolini contestando in modo circostanziato i risultati delle elezioni tenutesi il precedente 6 aprile. Nonostante gli schiamazzi, le urla e le interruzioni dei parlamentari fascisti, Matteotti riuscì a portare a termine il discorso e disse ai suoi compagni una frase che restò celebre: “Io il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”.
Dopo l’omicidio i socialisti unitari vicini a Filippo Turati diramarono un comunicato stampa che accusò espressamente il governo: “L’autorità politica assicura solerti indagini per consegnare alla giustizia i colpevoli, ma la sua azione appare totalmente investita dal sospetto di non volere, né potere colpire le radici profonde del delitto, né svelare l’ambiente da cui i delinquenti emersero”.
Mentre il 26 giugno del 1924 i parlamentari dell’opposizione si riuniscono in una sala di Montecitorio, oggi nota come sala dell’Aventino, decisero di comune accordo di abbandonare i lavori parlamentari finché il governo non avesse chiarito la propria posizione a proposito dell’omicidio Matteotti.
Nel luglio del 1924 il governo fascista, approfittando dell’assenza dell’opposizione, vara nuovi regolamenti restrittivi relativi alla stampa rafforzati due giorni dopo dall’obbligo per ciascun giornale di nominare un direttore responsabile.
Comincia così la nascita della dittatura fascista e nel giro di poco tempo inizia il regime totalitario con tutte le leggi liberticide che soffocarono la libertà di stampa e misero fuori legge i partiti.
Il sacrificio di Giacomo Matteotti ci consegna alla storia un uomo che perse la sua vita per la sua incrollabile fede nella verità, nella libertà e nella giustizia.
Il 10 giugno del 1944, pochi giorni dopo la Liberazione di Roma, si celebrò il 20 anniversario della morte del deputato socialista.
Parteciparono tra gli altri Emilio Lussu, Giuseppe Di Vittorio, Oreste Lizzadri e Pietro Nenni. Fu presente anche Matteo Matteotti, il figlio di Giacomo, che venne acclamato e portato sulle spalle dai vecchi socialisti sino al Ponte che venne intitolato da allora Ponte Matteotti.