Nella storia del socialismo italiano un posto fondamentale tocca a Giuseppe Saragat, che fu eletto Presidente della Repubblica negli anni del centro sinistra in cui si avviarono riforme importanti che segnarono il progresso civile e democratico dell’Italia moderna.
Nacque a Torino con ascendenze catalane e fu proprio dal padre avvocato che apprese le idee liberali. Conseguì a 22 anni la laurea in Scienze Economiche e commerciali e, quasi, immediatamente fu assunto come contabile alla Banca Commerciale Italiana.
Già nel 1922 aderì al socialismo per la sua spiccata sensibilità verso il proletariato e la gente povera accolse, così, il riformismo gradualista e il socialismo umanitario. Subito dopo segui nel 1922 Turati nel Partito Socialista Unitario, di cui Giacomo Matteotti fu segretario. Bisogna riconoscere che il PSU fu il partito più duramente perseguitato, sia all’inizio del regime fascista, sia dopo la nascita della dittatura.
Bisogna ricordare appunto la barbara uccisione del suo segretario Matteotti nel 1924 e subito dopo lo scioglimento di tale formazione politica nel 1925 a causa del fallito attentato a Mussolini del suo iscritto Tito Zaniboni, avvenuto nel novembre precedente.
In clandestinità tuttavia, si costituì un triumvirato, composto da Claudio Treves, Giuseppe Saragat e Carlo Rosselli ricostruirono il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Saragat scelse la via dell’esilio con Treves andando prima in Svizzera e poi in Austria entrando in contatto con personalità politiche socialdemocratiche europee.
Poi successivamente nel 1929 andò a Parigi dove incontrò nuovamente Filippo Turati e Sandro Pertini oltre Claudio Treves. In Francia per potere vivere Saragat svolse il mestiere di rappresentante di vini. Al contempo rinsaldò con il socialista Pietro Nenni un patto politico che condurrà ad una riunificazione delle varie componenti nel Partito Socialista Italiano.
I due leader Nenni e Saragat cominciarono il loro lungo cammino insieme dalla lotta al fascismo fino alla nascita della Repubblica e poi nel dopoguerra, dove con alterne vicende ebbero momenti di unità e di divisioni laceranti che marcarono nel bene e nel male la loro amicizia e il destino del movimento socialista.
Dopo il 25 luglio del 1943 Saragat rientrò in Italia in patria fu eletto alla nuova direzione del partito e nominato direttore dell’Avanti!. Saragat entrò nella Resistenza nell’ottobre del 1943, insieme con Pertini, fu arrestato dalle autorità tedesche e venne rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli, prima nel VI braccio (politici), poi nel III (condannati a morte).
Si riuscì ad organizzare un’evasione e riprese a lavorare clandestinamente alla direzione dell'”Avanti!”. Fu nominato ministro senza portafoglio nel 1944 durante il governo Bonomi II.
Giuseppe Saragat ebbe l’onore di presiedere la prima seduta dell’Assemblea Costituente, 25 giugno 1946. Poi negli anni 1945-1946 Saragat fu, per breve tempo, ambasciatore d’Italia a Parigi. Fu eletto il 2 giugno 1946 deputato all’Assemblea Costituente, di cui fu presidente sino al 1947, anno in cui Alcide De Gasperi ruppe l’accordo con socialisti e comunisti.
Da quel momento anche Giuseppe Saragat si dichiarò contrario al patto tra i socialisti e i comunisti e diede vita alla traumatica scissione di Palazzo Barberini con la formazione nuovamente del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Saragat fu più volte vicepresidente del Consiglio nei governi De Gasperi.
Diretta conseguenza di questa scelta fu il fatto di schierarsi nelle elezioni del 18 aprile 1948 contro il Fronte Democratico Popolare, l’alleanza social-comunista in cui militava Nenni.
Iniziò un periodo di aspre dure polemiche all’insegna della denigrazione, dell’insulto in cui si usarono nei confronti di Saragat espressioni pesantissime quali “social-fascista, “social-traditore”], “rinnegato”. Una pagina dolorosa e lacerante nella storia della sinistra e del socialismo italiano che lasceranno segni indelebili per decenni.
Nel 1951 il PSLI cambiò nome e divenne Partito Socialista Democratico Italiano e nel frattempo Saragat svolse il ruolo di vicepresidente nel governo De Gasperi. Le divisioni all’interno del movimento di Saragat proseguirono in occasione della legge elettorale maggioritaria con il dissenso alle direttive del Psdi di Piero Calamandrei e altri sette deputati.
Dopo le lezioni del 1958 si aprì la possibilità di una collaborazione al governo del Psi e si dovette attendere il governo Moro nel 1963 in cui Saragat ricoprì la carica di Ministro degli Esteri. In seguito al malore e poi alle dimissioni volontarie del Presidente della Repubblica Antonio Segni nel dicembre del 1964 , si aprirono così le porte del Quirinale a Giuseppe Saragat che già nel 1962 contese questa carica a Segni, uscendo sconfitto solo per l’appoggio che quest’ultimo ebbe dalla destra monarchica e neofascista.
Giuseppe Saragat fu così eletto Presidente della Repubblica Italiana, il 28 dicembre 1964, al ventunesimo scrutinio, con 646 voti su 963 componenti l’assemblea (67,1%), grazie anche al fatto che Pietro Nenni si ritirò dalla corsa facendo confluire il suo appoggio in favore dell’amico / rivale.
Saragat fu apertamente atlantista e non condivise la linea filo araba politica estera e che in varie occasioni veniva espressa dai vari ministri degli esteri. Si tentò in questo clima di concordia tra le due anime socialiste la riunificazione fondando nel “PSI-PSDI Unificati” con la denominazione Partito Socialista Unificato.
Tale fusione fu proclamata davanti a 20-30.000 persone dalla Costituente socialista riunita al Palazzo dello Sport dell’EUR di Roma ma durò solo tre anni poiché alle elezioni politiche del 1968 il Partito Socialista Unificato uscì ridimensionato.
Si frantumò l’ennesima volta l’unione di tutti i socialisti e si riformarono nuovamente i due partiti (Psi e Psdi). Terminato il suo mandato, divenne di diritto senatore a vita, ed ebbe anche l’occasione di ritornare alla guida del suo partito, di cui resse la carica di segretario, tra il marzo e l’ottobre del 1976.
Saragat fu soprattutto un socialista liberale e maturò convinzioni di netto contrasto con i regimi comunisti che lo posero sicuramente come un precursore della grande stagione del riformismo autonomistico. Lui preferì sin da primo momento l’adesione dell’Italia alla Nato e al Patto Atlantico e non ebbe mai riserve sul piano Marshall.
Amò definirsi socialista democratico ed ebbe sempre chiara l’idea che in Italia doveva essere praticato un riformismo pragmatico e realista.
Saragat fu credente e si convertì alla fede cattolica dopo la morte della moglie Giuseppina e sotto l’influenza di padre Virginio Rotondi.
Giuseppe Saragat morì nel 1988 e il funerale fu celebrato davanti alle massime cariche politiche e dello Stato. Sarà ricordato sempre con rispetto e stima poichè fu un uomo onesto, degno testimone dell’umanesimo socialista e un grande protagonista della storia politica italiana del novecento.