L’Italia è primatista in Europa nella classifica sull’evasione fiscale secondo uno studio condotto dalla società inglese Tax Research LLP, di cui i dati sono contenuti nella relazione sui reati finanziari approvata lo scorso 26 marzo dal Parlamento europeo.
E’ un primato negativo in cui risulta che il nostro Paese ha uno spaventoso volume di evasione fiscale e tasse non pagate che ammonterebbe a circa 190 miliardi di euro. Tutto ciò equivale in termini relativi a oltre il 23% delle entrate tributarie dello Stato e, quindi, significa che per ogni euro riscosso dal fisco italiano, si perdono circa 23 centesimi. Mentre i numeri non sono confortanti neanche nei più importanti Stati europei che vivono una grave crisi fiscale altrettanto pesante ed, in tal senso la Germania, (125,1 miliardi di euro) e la Francia (117,9 miliardi di euro).
La posizione dell’Italia è sempre la più grave e non cambia (mentre Germania e Francia passano, rispettivamente, all’11° e all’8° posto). In questa classifica europea al secondo posto abbiamo a sorpresa la Danimarca, dove ciascun abitante evade in media 3.027 euro (solo 129 in meno rispetto a un nostro concittadino). A seguire Belgio, Lussemburgo e Malta, con valori superiori ai 2.000 euro pro-capite (al di sopra della media europea di 1.634 euro). All’altro capo della graduatoria troviamo invece i Paesi dell’Est: Bulgaria (544 euro), Romania (824 euro) e Repubblica Ceca (833 euro).
In totale l’evasione nel vecchio continente ammonta a circa 825 miliardi di euro pari 2,25 miliardi al giorno. Vi sono stati comunque dei miglioramenti nel corso degli ultimi anni che ha consentito una riduzione di oltre l’11% della somma complessivamente evasa. La situazione più critica resta certamente all’interno di quei paesi dell’Unione che paradossalmente hanno un livello di pressione fiscale più alta. In tal senso questo aspetto non va sottovalutato e i governi dovrebbero prendere in seria considerazione una riforma fiscale che consenta di superare questa discrasia.
Comunque il Parlamento europeo ha fatto un serio e determinato passo in più poiché per la prima volta ha riconosciuto ufficialmente lo status di “paradiso fiscale” di ben sette Paesi europei (Belgio, Cipro, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi). Mentre lo stesso Parlamento Ue ha poi affermato che negli Stati membri non si registra una forte e determinata volontà politica per combattere l’evasione, l’elusione fiscale e la criminalità finanziaria.
Per finire ha proposto che la Commissione europea lavori per istituire una forza di polizia finanziaria europea, una intelligence finanziaria comune, un organismo di controllo antiriciclaggio e un organismo fiscale globale all’interno delle Nazioni Unite. Sono certamente belle idee che andrebbero perseguite ma dalle parole ai fatti occorre fare tanta strada.
1 Commento
Lotta alla corruzione e alla evasione fiscale.
In questo mondo pervaso d’ipocrisia e retorica non è facile liberarsi dalla corruzione.
La lotta a questa piaga sociale, fatta solo di belle parole e buoni propositi è una guerra persa.
A mio parere c’è solo un antidoto contro questo morbo ed è quello di eliminare dalla circolazione la carta moneta.
Da tempo ormai la tecnologia offre i mezzi per compiere ogni tipo di transazione economica.
La carta moneta, che garantisce l’anonimato, serve in primo luogo ad agevolare i truffatori, gli evasori, i ricatti, le tangenti, il pizzo, i corrotti e corruttori ed ogni tipo di malaffare; per tanto andrebbe eliminata e sostituita con le carte elettroniche.
Si dovrebbe imporre alle banche transazioni a costo simbolico che comunque, per le stesse, produrrebbero utili efficaci. Ancora meglio, istituire un fondo che li gestisca a costi zero e che produca utili anche per i risparmiatori.
Solo questo, a mio parere, è il miglior deterrente e la cura idonea per un’epidemia che ha radici antiche e che ben inserita nel sistema sociale a più livelli, difficilmente si farà estirpare.
Tale strumento contribuirà fortemente anche a combattere l’evasione fiscale. Entrate che uno Stato serio dovrebbe utilizzare in primo luogo, per una robusta e progressiva riduzione delle imposte, dando ossigeno ad una economia asfittica e successivamente per lo sviluppo ed il potenziamento di tutti i servizi primari ed assistenziali che sono carenti.
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