I misteri del Vaticano dietro il rapimento di Emanuela Orlandi e il fratello Pietro non si arrende: “Chiedo aiuto a Ratzinger, non a Francesco: non si porti segreti nella tomba”. Una vicenda drammatica di un rapimento su cui ancora oggi si sa poco, anche se l’ombra di segreti rinchiusi dietro le mura della Santa Sede appare sempre più evidente.
Pietro Orlandi rilancia una dichiarazione lapidaria che manifesta ancora una volta una forte indignazione per i silenzi e la mancanza di collaborazione che si è registrata nel lungo tempo trascorso dalla scomparsa della sorella: “Il mio appello a fare giustizia e a darci verità lo rivolgo non a Francesco, Papa che so essere chiuso nei confronti della vicenda di Emanuela, ma a Ratzinger, che ancora indossa la veste bianca, è ancora Papa Benedetto ed era vicinissimo a Giovanni Paolo II: ora, che a 93 anni si avvicina al Padre, se sa qualcosa, abbia un rigurgito di coscienza e lo dica, non si porti segreti nella tomba come Wojtyla».
Sono ormai trascorsi 37 anni e Pietro Orlandi non demorde e non smette di cercare la verità su Emanuela. Anzi promuove un sit-in in piazza Sant’Apollinare, proprio l’ultimo luogo di Roma dove Emanuela è stata vista il 22 giugno del 1983. Orlandi lancia un nuovo appello per sapere che fine ha fatto la ragazza che allora aveva 15 anni, ma stavolta non si rivolge a papa Francesco, bensì al Papa emerito, Benedetto XVI.
“Io mi auguro – dichiara – che abbia una vita lunga, gli faccio ogni augurio. Negli anni del pontificato Benedetto è stato sempre molto tiepido con noi ma ora qualcosa potrebbe cambiare, io gli chiedo di dire quello che sa. Mi piacerebbe avere un contatto con lui, mi piacerebbe incontrarlo, so che è ancora più difficile che incontrare papa Francesco ma almeno, ripeto, se sa qualcosa che lo dica”.
Il mistero del rapimento è insoluto e Orlandi fa sapere, a chi non lo ricorda, che la sua famiglia, assistita dall’avvocato Laura Sgrò, ha chiesto al Vaticano l’apertura di una inchiesta formale per la scomparsa della ragazza (anche un’inchiesta aperta e poi archiviata senza esiti era stata avviata in Italia) e che lui stesso attendeva di essere convocato in qualità di testimone: “Avevo preso accordi – dice adesso -, anche rispetto all’invio dei miei documenti e ai precedenti verbali dell’inchiesta italiana. Si era fatto sentire con me anche il precedente comandante della Gendarmeria vaticana. Mi avevano promesso collaborazione. Ero convinto di venire chiamato da un momento all’altro ma fino ad oggi, nulla. Persino la nostra avvocatessa, non è mai stata ricevuta dal pm Milano”.
Relativamente, invece, alla vicenda delle ossa del Cimitero Teutonico, all’interno del Vaticano, secondo Orlandi “da parte vaticana si è trattato di un esame molto veloce e sbrigativo su 26 sacchi di ossa rinvenute nel Teutonico e attribuite ad epoca ottocentesca. Fatto del resto, piuttosto normale, cioè la presenza di un ossario in un camposanto”.
Invece, non è stata fatta luce, a suo parere, sui reperti ritrovati in prossimità delle due tombe indicate dall’avviso anonimo da cui era partita l’istanza di richiesta di rilevazioni al Teutonico. Aleggia un sospetto, fa capire Orlandi, ed è proprio sul fatto che le due tombe nel camposanto, che sarebbero appartenute a due principesse germaniche dimoranti, siano state rinvenute già vuote al momento della apertura formale.
“Abbiamo fatto delle richieste per avere le planimetrie – spiega – per capire se magari erano stati fatti dei lavori in quell’area, ma non ci è mai stato risposto”.
Anche il Vaticano tace chiudendosi in un silenzio tombale ed i papi viventi, oltre il papa santo morto, non sono stati o non sono intenzionati a collaborare su un fatto che ancora oggi lascia sgomenti e indignati.