Di Nico Dente Gattola
Nato sull’onda della crisi dei partiti politici tradizionali, in pochi anni il movimento 5 stelle ha saputo imporsi sulla scena politica italiana fino ad entrare per la prima volta in parlamento nel 2013. Se però nella legislatura precedente, il percorso è stato relativamente facile, tanto da farli divenire in poco tempo il primo partito in Italia, non si può dire lo stesso nella legislatura attuale, in cui sono diventati forza di governo, con ministri di primo piano ed addirittura il Presidente della Camera provenienti dalle loro fila.
Le ragioni delle difficoltà attuali, in primo luogo sono ascrivibili all’aver subito senza alcun potere di veto il varo di una legge elettorale come il Rosatellum di stampo prettamente proporzionale, che ha reso impossibile la formazione di una maggioranza stabile in capo ad una sola formazione politica. Di conseguenza, all’indomani del 4 marzo 2018, i pentastellati sono stati costretti, dopo un lungo travaglio, ad accettare un alleanza con la Lega di Matteo Salvini, dovendo rinunziare alla guida del governo con il Premier indicato, Luigi Di Maio a favore di un profilo concordato con gli allora alleati, quello di Giuseppe Conte; stesso copione poco più di anno dopo all’atto di siglare la nuova alleanza di governo con il PD.
Nel corso di questi due anni di governo, il movimento è stato accusato di avere smarrito la sua identità, di essere attaccato alla poltrona e di avere tradito il mandato elettorale: tutti elementi che hanno concorso ad avviare una costante erosione del consenso elettorale, avviando un processo di lacerazione interna fatto di addii e di espulsioni. Senza contare che il leader del movimento Luigi Di Maio, è stato costretto alle dimissioni, dopo una lunga serie di sconfitte, alla stregua di un qualsiasi segretario politico, con Vito Crimi in funzione di reggente, insomma un quadro che si vede tranquillamente in qualsiasi partito o movimento, verrebbe da dire nulla di nuovo.
Senza contare che la convivenza tra coloro che sono favorevoli ad una linea “governista”, quindi ad adottare una strategia politica sostanzialmente moderata e coloro che invece come Alessandro Di Battista ( non a caso al momento libero da qualsiasi vincolo) vorrebbero tornare agli ideali e ai temi originari del movimento anche a costo di porre fine all’esperienza di governo.
Si tratta di posizioni tra loro estreme e pensare ad una scissione non è quindi utopia: un qualcosa che si potrebbe verificare nei prossimi mesi, poiché si parla di visioni e di strategie che non possono continuare a coesistere ancora a lungo sotto lo stesso tetto.
Ma cosa accade ai 5 stelle? Sono in crisi? E’ cominciata la fine della loro parabola politica?
Nulla di tutto questo: i pentastellati tra di loro hanno più anime politiche le cui differenze l’attuale stagione di governo ha fatto riemergere e l’azione di governo ha inevitabilmente costretto a fare delle scelte e a strutturare il movimento come un normale partito politico. Vi sono personalità al suo interno che, si fatica a pensare fuori dall’arena politica ma non per un mero discorso di potere ma perché hanno dimostrato di avere capacità di stare in parlamento, questo al netto di parlamentari che inevitabilmente spariranno dalla scena.
E’ quindi presto per dirlo ma si ha come l’impressione che i 5 stelle si stiano avviando a diventare un vero e proprio partito, con al suo interno una selezione dei quadri, più attenti anche alle strategie politiche nel lungo periodo come la presunta intesa con il PD per una legge proporzionale pura dimostrerebbe, con l’ambizione di riuscire ad avere un futuro e come gli altri partiti ad accettare di vivere di alti e bassi. Del resto è la democrazia e chi fa politica accetta questi processi di buon grado .