Antonio Giolitti, appena si laureò in legge nel 1940 si iscrisse al Partito Comunista Italiano che in quel momento operava in clandestinità. Già nel 1941 venne arrestato dalla polizia con l’accusa di attività eversiva, ma venne successivamente assolto dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato per insufficienza di prove. Si impegnò attivamente nella resistenza antifascista, fondando insieme a Giancarlo Pajetta le Brigate Garibaldi e svolse la sua attività di partigiano soprattutto in Piemonte dove il giovane Giolitti fu gravemente ferito in un incidente motociclistico nel 1944, facendosi curare in Francia. Tornò in Italia nell’aprile del 1945, riprendendo un forte impegno politico all’interno del Partito Comunista. Stupì non poco nonostante fosse il nipote dello statista liberale Giovanni Giolitti la sua militanza tra i comunisti.
In virtù della sua grande preparazione, già nel 1945 fu sottosegretario agli Esteri nel governo di Ferruccio Parri e fu, quindi, eletto membro dell’Assemblea costituente nel 1946 e, successivamente, fu eletto deputato del PCI dal 1948 al 1957. La scelta clamorosa che cambiò il corso della sua vita politica avvenne in seguito ai fatti d’Ungheria, con l’invasione dell’Urss e l’arrivo dei carri armati a Budapest nel 1956. Maturò un dissenso che lo condusse nel 1957 a dimettersi dal mandato parlamentare e ad abbandonare il Pci . Fece un intervento che passerà alla storia in cui espresse con toni sobri e accorati il valore morale della difesa della libertà e della democrazia che era stata calpestata dai comunisti sovietici. Aderì, quindi, al Partito Socialista Italiano e si presentò nelle liste socialiste dove fu rieletto deputato dal 1958 al 1976, quando poi si dimise nel 1977, in seguito alla nomina a commissario europeo.
Fu ministro del Bilancio dal 4 dicembre 1963 al 22 luglio 1964, nel primo governo di centrosinistra in cui fecero parte ministri socialisti. Si dichiarò contrario all’unificazione socialista mantenendo sempre un atteggiamento di critica nei confronti della dirigenza del partito. Però la sua posizione cambiò quando fu ricostituito il gruppo del Psi alla camera nell’agosto 1969, accettando di divenire il Presidente del Gruppo parlamentare. In vari periodi fu ministro del Bilancio e della Programmazione Economica nei governi di centro sinistra presieduti da Mariano Rumor ed Emilio Colombo. Il suo grande merito fu quello di essere uno dei principali ispiratori della programmazione economica con la fattiva collaborazione di Giorgio Ruffolo, che era Segretario Generale alla Programmazione.
Dismesso il mandato di parlamentare dal 1977 al 1985 fu commissario presso la Comunità economica europea, con la responsabilità della politica regionale europea. Maturò sempre una grande esperienza e competenza sulle questioni relative all’Europa e si dichiarò fautore divenendo, poi, il principale protagonista dell’allargamento della Comunità Europea nei confronti di Spagna e Portogallo, instaurando un rapporto diretto con i partiti socialisti nei Paesi Europei e in special modo con l’allora Primo Ministro spagnolo, il socialista Felipe González.
Nel 1978 in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica Bettino Craxi intendeva proporlo ma il veto del Pci fu netto e deciso che non dimenticarono mai la sua fuoruscita dalle fila comuniste. Dal 1982 cominciò a prendere le distanze dalla politica del Psi in polemica con Bettino Craxi e la sua politica, lasciò il PSI, e nel 1987 ritornò ad avvicinarsi al PCI, nelle cui liste fu eletto senatore come indipendente.
Dal 1992 finì di svolgere la sua lunga attività politica e si dedicò all’attività intellettuale. Morì dieci anni fa. Giolitti, fu un uomo di grande cultura e un talentuoso ministro, che seppe mantenere la sua indipendenza ideale rispetto agli eventi storici, non fu solo impegnato in politica, lavorò molto nel campo editoriale con collaborazione con la Giulio Einaudi Editore. Fu un poliglotta e conosceva bene l’inglese, il tedesco e il francese, e, in tal modo ebbe modi di suggerire alla casa editrice spesso la traduzione di saggi di economia. Fu anche lui stesso traduttore di alcuni saggi: tra di essi i saggi del sociologo tedesco Max Weber sulla politica e la scienza come professione. La sua uscita dal Pci fu sempre al centro della riflessione e provocò un dibattito che si è protratto per decenni nella sinistra italiana. Si può ben dire che fu seguito da molti socialisti che ne riconoscevano l’autorevolezza, il talento e la preparazione e, così, divenne il punto di riferimento di intellettuali riformisti che furono, a vario titolo, figure di grande importanza per la sinistra e per il Psi, tra i quali si annoverano Giuliano Amato, Franco Archibugi, Luciano Cafagna, Manin Carabba, Giuseppe Carbone, Federico Coen, Furio Diaz, Gino Giugni, Franco Momigliano, Carlo Ripa di Meana, Giorgio Ruffolo, Luigi Spaventa e Paolo Sylos Labini. Giolitti collaborò anche a numerose riviste politiche e culturali tra cui Rinascita e Mondoperaio.
Un fatto simbolico importante avvenne nel 2006, quando ebbe un riconoscimento postumo, in occasione dell’anniversario dei fatti d’Ungheria del 1956, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale, si recò personalmente nella sua abitazione romana, e dichiarando dopo cinquant’anni che Giolitti avesse ragione. Infatti Napolitano rimase nel Pci mentre Giolitti marcò duramente il suo dissenso andando via ma anche nel dibattito successivo che si animò per tanti anni presero posizioni opposte.