1° luglio 2020. L’Unione europea apre le porte a diversi Paesi ma non agli Stati Uniti d’America. E ancora una volta il presidente Donald Trump deve fare i conti con chi tenta in tutti i modi di metterlo fuori gioco. Ma la Ue assicura che non c’è alcun motivo politico dietro la decisione di tenere fuori dalla porta l’America piuttosto una scelta legata a ragioni di sicurezza sanitaria. È pur vero che la decisione presa da Bruxelles viene rivista ogni due settimane in base all’andamento dell’epidemia e dal timore di una nuova ondata di contagi. Ma gli States al momento soffrono ancora di troppi positivi in casa propria. Una media di 40 mila nuovi casi al giorno nell’ultima settimana. E le parole del virologo Anthony Fauci non aiutano per niente: “I nuovi casi in Usa potrebbero raggiungere i 100 mila al giorno, con rischi per l’intero Paese”.
E non manca neanche l’accanimento dei media verso il presidente, spinti da quel desiderio di provocazione visto che la Cina è presente nella lista stilata da Bruxelles:“Persino i cinesi potranno entrare nel Vecchio Continente”, ha detto qualcuno lanciando una frecciatina alla Casa Bianca.
Immancabile poco dopo la pubblicazione della lista dei Paesi che da oggi hanno la possibilità di entrare nuovamente in Europa (nel papier dei fortunati figurano la Corea del sud, la Tailandia, l’Algeria, il Ruanda, la Tunisia, il Montenegro, l’Australia, l’Uruguay, la Nuova Zelanda, il Canada, la Georgia, il Giappone, il Marocco, la Serbia, insieme ai Paesi che non soffrono di numerosi contagi e il Regno Unito che ancora risulta essere membro dell’Unione europea. Presente ovviamente la Cina ma a condizione della reciprocità) il tweet di Trump “THE LONE WARRIOR”, guerriero solitario. Ed è così. Il tycoon si trova da solo e in concomitanza delle elezioni presidenziali a dover combattere da solo un’altra battaglia. Forse non proprio da solo a vedere i numeri: 279.806 like e 67.797 retweet (aggiornamento alle 19.40 del 1 luglio 2020).

Ma l’ira di Trump è forte. Voci di corridoio fanno sapere che potrebbe anche far scattare la rappresaglia, chiudendo le frontiere americane agli europei o agendo sui dazi.Avete sentito bene, sui dazi. E a risentirne potrebbe essere anche l’Italia. Gli Stati Uniti, minacciando di aumentare i dazi fino al 100% in valore, metterebbero in serio pericolo quei prodotti all’occhiello targati Made in Italy. Come dimenticare quel 18 ottobre 2019 dove sono state applicate delle tariffe aggiuntive del 25% che hanno colpito specialità italiane come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello per un valore di mezzo miliardo di euro. Da un’analisi della Coldiretti se davvero Trump dovesse applicare questi dazi a risentirne sarebbe anche l’Italia per un valore dell’export di 3 miliardi, pari ai 2/3 delle spedizioni agroalimentari totali, oltre a quei prodotto sopraelencati.
La Coldiretti Giovani Impresa fa notare che “l’export del Made in Italy agroalimentare in Usa nel 2019 è risultato pari a 4,7 miliardi ma con un aumento del 10% nel primo quadrimestre del 2020 nonostante l’emergenza sanitaria. Il vino con un valore delle esportazioni di oltre 1,5 miliardi di euro, è il prodotto agroalimentare italiano più venduto negli States mentre le esportazioni di olio di oliva sono state pari a 420 milioni ma a rischio è anche la pasta con 349 milioni di valore delle esportazioni”.
Ci auguriamo tutti che non sia così perché la nostra economia sta già soffrendo abbastanza per una chiusura che ha portato alla morte tante, troppe imprese, industrie e attività commerciali.