E’morto Sergio Zavoli a 96 anni, un grande maestro del giornalismo italiano, di una generazione ormai pressoché scomparsa. Nacque a Ravenna nel 1923 e a soli vent’anni debuttò sul periodico dei Gruppi universitari fascisti riminesi Testa di Ponte, che venne chiuso lo stesso anno in seguito alla caduta del fascismo. Nel dopoguerra divenne giornalista professionista e dal 1947 lavorò per Radio Rai.
Nel 1962 creò la trasmissione televisiva Processo alla tappa, un programma sportivo incentrato sul Giro d’Italia. Zavoli fu conduttore e autore di altri programmi di successo. In particolar modo si distinse con l’inchiesta “Nascita di una dittatura” del 1972, in cui fece interviste ai diretti protagonisti dei fatti storici con filmati d’epoca sul sorgere del regime fascista. Raccontò dalla viva voce di chi visse gli eventi non solo gli anni bui del fascismo ma più tardi negli anni ’80 realizzò la “Notte della Repubblica” in cui i terroristi e i brigatisti risposero alle sue domande in interviste che resteranno come pietre miliari della televisione pubblica.
Da sempre vicino al Partito Socialista Italiano, dal 1980 al 1986 fu presidente della RAI e nel 1981 pubblica il suo primo libro, “Socialista di Dio”, che vinse il Premio Bancarella. Una volta dimessosi dall’incarico di presidente proseguì nella sua carriera televisiva, presentando programmi come “Viaggio intorno all’uomo”, “La notte della Repubblica”, “Viaggio nel Sud”. Mentre sul piano letterario vinse il Premio Basilicata con il libro “Romanza” del 1987. Dopo il reportage Nostra padrona televisione del 1994 entrò in politica con i Democratici di Sinistra. Nel 1998, vince il Premio Cimitile con l’opera “Ma quale giustizia? “ pubblicato da Edizioni ERI-RAI Piemme. Dal 2001, dopo “Viaggio nella scuola”, fu assente dal piccolo schermo. Le sue ultime fatiche letterarie furono “Dossier cancro” del 1999 , “Diario di un cronista” del 2002, e “Il ragazzo che io fui” del 2011, dove narrò la storia della sua vita e un capitolo fondamentale del nostro Paese. Per lo “straordinario contributo apportato alla causa del giornalismo italiano”, il 26 marzo 2007 la facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata gli conferì honoris causa la laurea specialistica in Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo, onorificenza che, come ebbe modo di osservare Edmondo Berselli, “assomiglia a una tautologia” in quanto Zavoli è senz’altro il più noto giornalista televisivo italiano.
Fu eletto al Senato nelle liste dei Democratici di Sinistra nel 2001, nelle liste dell’Ulivo nel 2006 e nel Partito Democratico nel 2008 e nel 2013. Ricevette un premio alla carriera nel 2008 dal Circolo Culturale Gian Vincenzo Omodei Zorini – Arona. Nel 2009 fu eletto presidente della Commissione di Vigilanza Rai. Dal 2007 fu anche presidente della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno.
Il 3 dicembre 2012 visse una drammatica vicenda di cronaca nera in quanto alcuni malviventi si introdussero nella sua villa a Monte Porzio Catone dove risiede dagli anni ’70: Zavoli venne legato, picchiato e minacciato a scopo di rapina. Il 25 settembre 2013 fu festeggiato per i suoi 90 anni nella sede nazionale della RAI di Viale Mazzini alla presenza del presidente della repubblica Giorgio Napolitano, del presidente della RAI, Anna Maria Tarantola, e del direttore generale Luigi Gubitosi, del presidente del Senato Pietro Grasso e dei ministri del governo Letta, Massimo Bray e Anna Maria Cancellieri. Grande amico di Federico Fellini con cui si sentiva ogni giorno e nei loro colloqui si raccontavano tutto quello che avveniva nella loro vita, si confidavano persino i loro sogni. Zavoli ha narrato la storia di un Paese e ha fatto inchieste raffinate con uno stile ragionato, obiettivo, sobrio e colto. Amava la letteratura e scriveva poesie. E’ stato un giornalista di talento che ha comunicato un’informazione che dal suo punto di vista doveva essere “uno straordinario mezzo di promozione della crescita culturale e civile della società”.
Zavoli è stato definito, con grande rispetto e ammirazione, da tutti i cattosocialisti, il “socialista di Dio”, fu il nome del suo libro più famoso dal quale prese anche il soprannome, è ricordato ancora oggi come esempio di virtù e di vita, ha sempre mostrato il carattere di un uomo nobile che non venne mai scalfito dal potere. Infatti soleva affermare con grande umiltà e modestia: “Non sarò stato un campione di intransigenza ma non ho granché di cui arrossire”.