Non sappiamo se siano già passati cento giorni dall’elezione del nuovo sindaco di Cagliari, e tanto meno utilizziamo i giochi di gruppo attraverso cui elencare incompiute comuni, cari a una mancata sindaca e alla smarrita e spenta coalizione che l’ha sostenuta.
Cerchiamo di osservare la città per ciò che è, per quello che è divenuta e per tutte le opportunità perse, che nel sommarle fanno comprendere l’inconsistenza delle amministrazioni che l’hanno guidata negli anni.
Partiamo dagli odori. quello che più devasta il nostro olfatto al mattino è l’odore di urina che invade le strade del centro, dei luoghi storici divenuti spazi di degrado, di cui non è possibile mutare la decadenza con la semplice raccolta dei rifiuti.
Se l’urina degli uomini lascia il segno su ogni parete e sulla pavimentazione rifatta nelle aree cittadine recuperate, le bevande e gli altri liquami rendono le strade una sorta di latrina a cielo aperto cui il solo passarci incute ribrezzo.
E’ una situazione che si trascina da decenni senza che alcuno abbia preso una decisione risolutiva o quanto meno volta a arginarne l’impatto.
Sul piano del dispendio dell’amministrazione comunale in merito alla raccolta dei rifiuti e alla brillante operazione di pulitura delle strade, per cui con le auto rimosse si ripaga la società che la effettua, senza però intervenire lì dove sgorga “la marana” a tempo del gran numero di “incontinenti”.
Eppure basterebbe solo un’attenzione spicciola e banale che non è lo spazzolone con cui vengono spazzate le strade trafficate della città, quanto gli interventi nelle aree pedonali, sui marciapiedi di quelle stesse strade ipertrafficate ove viene riversato di tutto.
Cagliari è una splendida città non per merito dei sindaci che negli ultimi ottant’anni si sono succeduti, come qualsiasi architetto e gli storici potranno convenire, fino a intervenire per evocare i veri autori e amanti di questo piccolo paradiso che stiamo devastando.
Nell’inconsistenza programmatica a supporto delle amministrazioni fin qui succedutesi, l’unico onere certo per i cittadini è stata la crescita dei tributi da devolvere a una amministrazione che non solo non riesce ad amministrali, ma li utilizza in modo discutibile favorendo le file che sostengono la loro elezione.
Fatto che è sempre avvenuto come tutti sappiamo, ma la cui modulazione nell’ambito di una restituzione civica di bellezze architettoniche e soprattutto servizi peri cittadini, negli ultimi vent’anni è quasi scomparso.
Non possiamo certo non apprezzare la restituzione alla città di quartieri devastati dalla seconda guerra mondiale, mai completamente ricostruiti, o di luoghi che le amministrazioni del dopoguerra avevano ridotto a angoli di scarto della città, per sostenere una devastazione urbana, in estensione verso le periferie sempre più distanti e degradate della città.
E’ pur vero che è stata realizzata una passeggiata lungo il porto passando fin sotto le aree militari, che oltre a edifici di meravigliosa fattura, presentano un accumulo di brutture rese possibili da un abuso, cui l’autorità militare ha sempre compiuto in modo arbitrario ovunque si sia insediata sul territorio isolano.
Certo, non dimentichiamo la grande pista da corsa/passeggio del Poetto, come altresì è possibile vedere lo scempio del parcheggio abusivo, tollerato, ai piedi della Selva del Diavolo e a tutti gli altri luoghi lungo le strade e i canali nelle vicinanze del Poetto, che non hanno risolto il problema del parcheggio o dei servizi, ma lo hanno spostato in modo non regolato in altri spazi.
Abbiamo ancora un porto che permette l’ingresso di natanti a propulsione o con armamenti nucleari, cui nessuna amministrazione ha mai voluto bandire e di conseguenza far decadere questa autorizzazione.
Non si riesce a realizzare un fronte consono ad una città che tanti impropriamente hanno chiamato capitale del Mediterraneo, perché nel momento in cui si apre una strada o si accede a dei fondi europei o nazionali, le quattro famiglie che tengono in pugno questa città, entrano in guerra per accaparrarsi i fondi e tenere aperti i rubinetti delle loro erogazioni sine die.
Dopo anni che è stato fatto rivivere un luogo come l’anfiteatro, cui da ragazzo ho sempre visto chiuso e impraticabile, ma del quale sentivo narrare dai miei genitori la vitalità cui gli anni del dopoguerra aveva restituito, da dieci anni per mano di burocrati spenti e politici privi del concetto di bellezza, è stata avviata l’operazione di chiusura senza garantire un continuum artistico capace di mantenere vivo ciò che il Sindaco Delogu riuscì a far rinascere.
Non si riesce a servire in modo degno di una metropoli turistica, il piccolo centro della città con servizi pubblici e mezzi elettrici a noleggio, perché le concessioni dei parcheggi devono fruttare come dei bancomat, per cui in ogni metro quadro altrimenti utilizzabile della città è stato imposto l’obolo di cui non vediamo il ritorno nel miglioramento urbano.
E’ stata fatta una battaglia impropria e ideologica per i parcheggi sotterranei, come per la chiusura dell’Anfiteatro o per la realizzazione della piccola piazzetta Maxia, prima luogo impraticabile, per consentire l’occupazione di tutti i metri quadri utili in superficie aperta, lungo i marciapiedi, cedendoli alle società verso cui alcuni hanno sempre avuto pendenze.
Si è parlato tanto della maleducazione dei cittadini di Cagliari all’avvio della raccolta differenziata porta a porta, ma anche qui abbiamo scoperto che durante il lockdown in città non si trovava immondezza riversa ai lati delle strade.
Si è reso evidente che l’ottanta per cento dell’immondezza abbandonata agli ingressi o lungo le strade della città è importata dai paesi limitrofi che si vantano e vantavano della civiltà dei loro abitanti.
Lo si è sempre saputo che i cassonetti di Cagliari accoglievano anche l’immondezza dei pochi incivili e dei morosi dei paesi della cosiddetta area metropolitana.
La stampa non ha mai aiutato la verità, perché nello schierarsi l’ha omessa pur di appoggiare alternativamente e secondo esigenza, la politica cui i sondaggi e le elezioni attribuivano il maggior consenso.
Un editoria di questa risma, sia essa cartacea, radiotelevisiva o sul web, è palesemente inutile dal punto di vista del cittadino, contribuente, lavoratore, disoccupato, studente, ma utile a riempire le tasche di quelle quattro famiglie, cui i tanti servi sono usi piegarsi, restando sempre servi.
Se non si riesce a uscire da questa condizione servile di cui tutti fanno parte, compresi i tanti che sono chiamati ad apparecchiarne la tavola di quel piccolo e ristretto gruppo, il degrado costituirà l’emblema della città.
Sarà tale anche per coloro che rifiutano questa condizione, ma rimangono silenti nelle loro poltrone per continuare a osservare inerti lo sfacelo nella speranza per cui qualcun altro risolva per loro il problema.
Una connivenza voluta, accettata, condivisa e sfruttata, cui solo parole di comodo e utili a qualcuno danno misura dei questo Paese e soprattutto di questa città.