Celebrata unanimamente per i suoi cent’anni appena compiuti la vita terrena di Franca Valeri è giunta al termine dopo pochi giorni dal suo compleanno. «Si è spenta serenamente, nel sonno», ha detto la figlia, Stefania Bonfadelli. «Ha conservato la sua ironia fino all’ultimo, fino a pochi giorni fa: è stata la sua chiave di vita fino alla fine».
Se n’è andata una donna di grande cultura e di notevole qualità artistica che il suo animo nobile e mite ha rappresentato per tutti un’attrice intelligente che con la sua proverbiale ironia e la sua capacità di osservare la realtà ci ha divertito. Le sue figure di donne di vario tipo hanno donato un vasto campionario al femminile che restano un esempio unico di ironia e comicità.
Lei si chiamava Alma Franca Maria Norsa e per amore nei confronti del poeta Paul Valery scelse lo pseudonimo italianizzato di Franca Valeri. Divenne famosa con la figura della sora Cecioni e con le apparizioni tv nel mitico Studio Uno, proponendo questa satira geniale di un umorismo che lei portò avanti nel Teatro dei Gobbi. Sicuramente un talento comico, in un mondo dello spettacolo società in cui anche far ridere apparteneva agli uomini. Seppe imporsi in tutti gli ambiti del mondo dello spettacolo: cinema, teatro, lirica, radio, tv oltre a scrivere lei stessa i testi che recitava.
Ha lavorato sino a quanto ha potuto e ogni sua apparizione recitava i suoi cavalli di battaglia: Sorelle ma solo due, Tosca e le altre due, Mal di madre, Possesso e Oddio mamma. Nella sua grande e immensa carriera restano famosi i suoi sei film con Alberto Sordi e i suoi partners artistici sono stati il marito Vittorio Caprioli e Luciano Salce tra i più noti al grande pubblico. Memorabile la sua interpretazione prima alla radio e poi in TV della Signorina snob che graffiava la Milano bene. Lei diffuse in modo eccelso la figura della milanese borghese con l’erre moscia e la Sora Cecioni, romana di popolare e volgare che al telefono si sfogava con mamma.
La sua vita fu difficile essendo ebrea, durante la persecuzione fascista delle leggi razziali visse nascosta mentre il papà fuggì col figlio. Si legò sul piano artistico con il gruppo del Piccolo Teatro e divenne amica di Grassi e Strehler. Grande lettrice di Marcel Proust e della letteratura francese, fu lanciata dal Teatro dei Gobbi, cabaret intellettuale che conquistò appunto Parigi, Valeri frequentò il cinema italiano ’50 anche se veniva dal teatro e divenne famosa appunto con queste figure femminili che esprimevano un umorismo a volte anche assai malinconico.
In una sua ultima intervista, spiegava di non credere in Dio, ma non nascondeva di dire una preghiera ebraica. Ironicamente diceva: «Voglio proprio vedere cosa c’è dall’altra parte». Le leggi razziali introdotte dal fascismo nel 1938, tolsero alla sua famiglia, di origini ebraiche, i diritti fondamentali. Il padre, dopo l’8 settembre 1943, andò in Svizzera con il fratello, mentre lei rimase a Milano con la madre. «Papà era ebreo. Ricordo quando lesse sul giornale la notizia delle leggi razziali e pianse. Fu il momento più brutto della mia vita». Valeri andò a vedere i cadaveri del Duce e della Petacci appesi a testa in giù a piazzale Loreto. «Volevo vedere se il Duce fosse davvero morto. E vuol sapere se ho provato pietà? No. Nessuna pietà. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo».
Negli anni ’80 continuò a lavorare cogliendo i vizi di una società in cui non si riconosceva più anche se in tv non è più l’epoca felice dei sabati sera di Studio Uno.
Diventò la regista di lirica, organizzò concorsi, si scelse una figlia adottiva Stefania Bonfadelli. Ricevette la laurea ad honorem alla Statale. Fu legata all’opera lirica e si dedicò al melodramma, amando Maurizio Rinaldi, direttore d’orchestra di cui rimase vedova. Scrisse con passione un libro di biografia dal titolo Bugiarda no.
La sua vecchiaia è stata vissuta con i molti amici a quattro zampe che ha amato e che le hanno tenuto compagnia. Ma ora il suo sipario è calato per sempre e non vi sarà modo di poterlo rialzare. Addio grande Franca!