Stima della Cgia. Crescita del 47,4%, 3,5 punti in più rispetto all’aumento del pil
Facendo una stima dei calcoli delle ultime entrate tributarie le tasse sono aumentate di 166 miliardi di euro. Nel lontano 2000 l’erario e gli enti locali avevanon riscosso circa 675,5 miliardi di lire (350,5 euro) nel 2019 il gettito, a prezzi correnti, è salito a 516,5 miliardi.
I calcoli provengono dalla Cgia di Mestre. Un’aumento della spesa pubblica di più quasi un terzo rispetto a prima, ma perché?
“Qualcuno può affermare con certezza – osserva il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – che grazie a 166 miliardi di tasse in più versati in questi ultimi 20 anni la macchina pubblica è migliorata? In altre parole, la giustizia, la sicurezza, i trasporti, in particolar modo quelli a livello locale, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione sono oggi più efficienti di allora ? Oppure, famiglie e imprese sono state obbligate a pagare di più e hanno ricevuto dallo Stato sempre meno?”.
La Cgia non ha dubbi: “tra le due ipotesi ci sentiamo di avvalorare quest’ultima, anche perché questo maxi prelievo ha impoverito il Paese, provocando, assieme alle crisi maturate in questo ventennio, una crescita dell’Italia pari a zero – rileva Zabeo – che nessun altro paese del resto d’Europa ha registrato”.
La macchina pubblica è pervasa da sprechi, corruzione e cattiva amministrazione. Si pagano tasse per beni e servizi che non funzionano e la colpa, almeno questa volta, non è dell’evasore che, grazie a questo scenario di uso improprio del denaro pubblico, trova la sua “falsa” scusante per non versare le imposte dovute.
Se il conto lo hanno pagato i contribuenti italiani, i vantaggi, invece, sono andati soprattutto all’Erario e in minima parte a Regioni ed enti locali. Nell’immaginario collettivo si è diffusa l’idea che in questi ultimi anni Governatori e Sindaci sarebbero diventati, loro malgrado, dei nuovi gabellieri, mentre lo Stato centrale avrebbe alleggerito la pressione fiscale nei confronti dei contribuenti. In realtà le cose sono andate diversamente. Se è vero che negli ultimi 20 anni le tasse locali sono aumentate del 37,1%, quelle incassate dall’Amministrazione centrale sono cresciute del 49,3. In termini assoluti, dalle Regioni e dagli enti locali abbiamo subito un aggravio fiscale di 20,3 miliardi, mentre il peso del fisco nazionale è salito di 145,7 miliardi.
“In altre parole, se dal 2000 le imposte locali hanno cominciato a correre, quelle erariali sono esplose, con il risultato che i contribuenti italiani sono stati costretti a pagare sempre di più. In questi ultimi anni – conclude Zabeo – il tema dell’autonomia differenziata è stato vissuto come una contrapposizione tra Nord e Sud del Paese, invece, è una partita che si gioca tra il centro e la periferia dello Stato. Tra chi vuole un’Amministrazione pubblica che funzioni meglio e costi meno e chi difende lo status quo, perché trasferendo funzioni e competenze ha paura di perdere potere e legittimità. E per conservare posizioni che non sono più difendibili, i proponenti di questa riforma sono stati accusati di voler impoverire ulteriormente le realtà territoriali più in difficoltà del Paese”.
Dalla Cgia, invece, sono convinti che l’autonomia regionale possa far bene a tutta l’Italia e non solo alle regioni che per prime hanno chiesto maggiore potere.
Vista in un’altra ottica, con la globalizzazione e con il cambio rotta di mentalità ne consegue un attaccamento a principi e ideali alla quale la poiltica non si attiene più. Ora più che mai abbiamo bisgono di una nuova classe dirigente che, intrisa di ideali e avendo a cuore il benessere dei nostri concittadini, la nostra storia e cultura e, infine, il nostro territorio possa sanare tutti i problemi.