Le prospettive future delle colazioni sono affidate alle nuove regole elettorali e dopo le elezioni regionali si rafforza una nuova realtà che è quella del “partito dei governatori”. In particolare però il Pd oggi appare in ritardo sulla costruzione di uno schieramento coeso da opporre al centro destra. Abbiamo avuto un confronto su questi temi con Salvo Andò.
Desidero fare appunto una premessa politica sul Pd a cui si chiede di adoperarsi perché possa prendere corpo un centrosinistra costruito attraverso una coalizione di partiti coesa, plurale, come lo è quella di centro destra . Si tratta di realizzare un nuovo assetto del sistema politico a cui non poco contribuiranno le spinte che vengono dai sindaci e governatori locali che sono tutti o di centro destra e di centro sinistra. Non è pensabile che ciò che si verifica nei comuni e regioni non si replichi al centro, considerato che i partiti nazionali sembrano sempre più deboli di fronte al ruolo che vanno assumendo i leader dei governi locali che ragionano sulla base di una logica irreversibilmente bipolare, godendo di un sempre più largo consenso popolare. Infatti le loro liste alle regionali in molti casi hanno surclassato le liste di partito.
Quindi si conferma il fatto che i governatori divengono ogni giorno sempre più soggetti di politica autorevoli, autoreferenziali e autonomi ,costruttori di alleanze locali e persino di proposte politiche nazionali.
Adesso Bonaccini , De Luca, Zaia , Giani, Emiliano, Toti e, prima ancora Musumeci, sono stati eletti attraverso duri scontri elettorali che hanno visto gli elettori schierati o da una parte o dall’altra, con il centrodestra o con il centrosinistra. Non vi sono state alleanze centriste trasversali ai partiti,e, dove esse si sono presentate sono state sonoramente sconfitte sulla base di schieramenti non trasversali. Ciò crea abitudini, aspettative, destinate a consolidarsi. E crea anche un riequilibro tra le forze della coalizione soprattutto nel centro destra che dà ragione a quanti giustamente ritengono che le diverse anime della coalizione è proprio quella moderata che può catturare il voto degli indecisi o degli astenuti. E’ inevitabile in un sistema bipolare che si cerchi di convincere l’elettore che la coalizione sufficientemente centrista spingendo anche le parti più radicali a mimetizzarsi e a sposare un centrismo e, se non è retto da una cultura politica, è retto tuttavia da un posizionamento tattico.
Ritorna prepotente il tema di cui abbiamo già discusso in precedenza di un centro moderato che calmieri gli estremismi dei poli per riportare la politica su binari di proposte realiste, concrete e fattibili.
Nell’opinione pubblica sembrano prevalere sentimenti di normalità ,di responsabilità e di competenza che mal si conciliano con la crociata dei “sovrani” che operano con una volontà di scontro nei confronti del governo. La gente desidera solo non attribuire pieni poteri e si fida inevitabilmente più dei governi nazionali e locali che dei partiti che non riescono a fornire questa offerta politica agli elettori. Le ultime elezioni regionali hanno prosciugato ulteriormente ed elettoralmente i partiti. Il combinato disposto della crisi economica ha riportato nell’opinione pubblica una voglia di normalità ed è risulta assai significativo il fatto che la lista dei governatori hanno in molte regioni superato le liste di partito con le spinte a portare questo esperimento a livello nazionale sono molto forti. Il che significa che la nomenclatura di partito sono destinate via via a contare sempre meno quando si tratta di scegliere i candidati, mentre le coalizioni saranno aperte a personalità che si sono distinte nel campo delle professioni ,delle attività economiche del mondo culturale per potere trovare attraverso queste personalità un punto di aggregazione che esalti le competenze e non esasperi il conflitto politico.
In tal modo si rimodula il bipolarismo a livello nazionale ed emergono queste figure che dettano linee politiche sulla base di un consenso plebiscitario.
Un bipolarismo di coalizione vince se riesce ad intercettare il centro. Ma c’è un centro per il centro destra e c’è un centro per il centrosinistra . De Luca , Musumeci ,Emiliano e Toti non prendono ordini dai partiti nazionali e tendono a consolidare un sistema di alleanze di cui loro sono espressione non solo in tutti i loro territori ma anche a livello nazionale. Ciò sta creando tendenze consolidate nell’elettorato che la legge elettorale proporzionale con alta soglia alla rappresentanza consoliderà, ancor più se i parlamentari saranno effettivamente scelti dal popolo e non dalle segreterie nazionali. Ed il potere locale è per il bipolarismo di coalizione. Si tratta di coalizioni larghe ed inclusive non basate sul principio di annessione dei piccoli da parte dei partiti grandi. Se queste tendenze troveranno un irreversibile garanzia in una legge elettorale proporzionale.
Ritornando al Pd anche se mantiene buoni livelli di consenso non sembra capace di aggregare attorno a sé una coalizione al contrario del centro destra che appare più organizzato.
Il Pd deve muoversi adesso in modo incisivo per promuovere il formarsi di un popolo di riferimento progressista che comprenda tutti ,soprattutto se la soglia di accesso verrà mantenuta alta .Nella sinistra, nell’area laica centrista progressista si collocano un insieme di partiti e movimenti che costituiscono un arcipelago che il proporzionale con soglia alta deve spingere a mettersi in rete accanto al Pd e anche con ciò che residuerà dei Cinque stelle.E’ una coalizione di centro sinistra alla quale può accedere anche una sinistra dal forte tratto identitario . Un popolo di riferimento così strutturato può attingere più del centro destra al consistente bacino del non voto, deluso da una sinistra frammentata, inconcludente senza identità e candidata a perdere se non rinnovata nelle idee e negli uomini .Si tratta, quindi, di promuovere schieramento plurale, inclusivo che non annette ma crea rete di soggetti politici variegati quanto a cultura ma coesa negli obiettivi in cui si riconoscono tutti i progressisti italiani che in un certo senso assorba tutti i leader dei partiti che non arrivano 5%.Occorrrono idee nuove per tenere insieme tante differenze ma soprattutto occorre fermezza nel perseguire il progetto. Mentre c’è una domanda politica in questo senso, al contrario fino ad ora non pare convincente l’offerta
La politica sembra avvitata su sé stessa e il Pd ha una modello di governo consolidato che punta alla gestione dell’esistente senza grandi salti di qualità nella politica delle riforme.
Bisogna innanzitutto ricomporre un popolo progressista che possa assomigliare ad un vero soggetto politico e parlare di più dei valori che uniscono. C’è una vasta platea di cittadini che vogliono cambiare le cose alla luce di valori riformistici e bisogna rimettere insieme queste persone che da troppi anni vivono lontani dalla politica o comunque paiono dispersi. Un popolo che rientravamo definitivamente disperso in occasione della battaglia per il no al referendum costituzionale e che si è mosso all’unisono e che l’ha fatto perché riteneva l’impegno politico quando si tratta di combattere battaglie che contano sul piano dei valori.Il Pd, dunque, deve essere protagonista di un processo riformatore che rilanci il ruolo dei partiti e che sia uno stimolo a restituire ad essi l’onore perduto e si ponga come alternativa alle derive dell’antipolitica. Molta gente dopo le ubriacature dei partiti sovranisti oggi vuole partiti rigenerati che tornino a occupare la scena politica ,che consentano forme di partecipazione consapevole per fare sì che la democrazia del consenso prevalga sulla democrazia dell’assenso dominata da mezze figure che per impraticabilità del campo della politica vera ,quella con la maiuscola, si possano spacciare per statisti.
Vi è una strettoia nella formazione della nuova classe politica a causa della scarsa capacità dei partiti ad educare e fare crescere nuovi dirigenti capaci e competenti.
Da questo punto di vista quello di cui si discorre non può prendere forma attraverso un appello nostalgico a combattenti e reduci che per evidenti ragioni saranno sempre di meno tenuto conto che dalla fine della Prima Repubblica ad oggi è trascorso più di un quarto di secolo. Deve essere un popolo nuovo, fatto anche di molti giovani che alla politica non si sono mai avvicinati in questi anni. Ma per convincere costoro che la politica serve per cambiare le cose occorrono idee nuove e leader che convincono attraverso la forza dell’esempio. Assistiamo al paradosso grottesco che una classe dirigente sistematicamente premiata dalla “demeritocrazia” non può spiegare che l’eccellenza paga ,che la competenza serve al sistema paese ,che i più capaci e meritevoli occuperanno le posizioni di vertice. Se si affermerà una rinnovata mission della sinistra il popolo dei delusi che non va alle urne o esprime il voto di protesta si assottiglierà. Insomma non serve un demagogo che si impegna di portare tutti alla vittoria non si sa come e perché. La passione per l’impegno civile e politico insomma non si può riaccendere grazie ad uno o più capi che eccitano le masse ,lanciando invettive contro i nemici del popolo ma solo se c’è una vitale dialettica pubblica sui grandi temi e se si ha la forza di spiegare che la storia di questo paese merita grandi narrazioni in ordine a ciò che si è stati in grado di fare per ricostruirlo rimuovendo le macerie morali e materiali lasciate sul campo dalla dittatura ,dalla guerra civile, dalla sconfitta militare.